È una delle parole chiave o, per dirla all’inglese, keyword del mondo delle imprese eppure molte sono ancora indietro, non l’hanno capita o hanno cominciato ad affrontarla con timidi, piccoli passi. Tranne alcuni casi in cui, invece, si è molto avanti. Parliamo della Digital Transformation ossia della semplificazione dei processi all’interno di un’azienda che decide di affidarsi al digitale. Un’innovazione che coinvolge il mondo della produzione e dei servizi, ma non solo. 

Cerchiamo di capire, partendo dalla definizione, perché è importante per le aziende, quali sono i pilastri su cui basare la propria trasformazione digitale, inclusa la sostenibilità per poi capire a che punto siamo in Italia.

Cosa si intende per Digital Transformation

Sebbene sia un vero e proprio trend, il concetto di Digital Transformation spesso dà adito a interpretazioni non molto corrette, ecco perché è importante provare a dare una definizione univoca. Con Digital Transformation si intende quando ogni area all’interno di un’azienda o di un’organizzazione ha integrato tecnologie e soluzioni digitali, attuando un vero e proprio ripensamento dei modelli di business, delle operazioni, ma anche delle competenze delle persone che devono essere sempre più “digital”, per l’appunto.

Ecco perché attuare un processo di Digital Transformation è cosa molto diversa dal digitalizzare dei documenti analogici o introdurre il digitale nei processi già esistenti. Quando si parla di Digital Transformation si intende un processo a tutto tondo, necessario, inevitabile e da cui non si può più tornare indietro.

Perché la Digital Transformation è importante per le aziende?

Per rispondere a questa domanda, basta fermarsi un attimo a riflettere su come le aziende stanno integrando l’Intelligenza Artificiale al proprio interno. Per alcune, si tratta di sperimentazione, per altre si stanno disegnando dei veri e propri processi, facendo delle serie riflessioni e ci si affida a persone che abbiano le competenze giuste.

Questo è solo un esempio, ma ci aiuta a riflettere sul fatto che un’azienda che voglia essere competitiva, reattiva, pronta a confrontarsi con i propri competitor, ma non solo, deve trasformare la propria infrastruttura digitale in modo da poter essere al passo con i tempi, certo, ma anche e soprattutto con le richieste dei propri clienti.
La trasformazione digitale, non dobbiamo dimenticarlo, interessa anche il cosiddetto “cliente interno” ossia le persone che lavorano all’interno dell’azienda, oltre che gli stakeholder.

Per fare un altro esempio, vicino a quello che ognuno di noi conosce e sperimenta più volte alla settimana, lo smart working, entrato a pieno titolo nel periodo della pandemia, si avvale sicuramente della tecnologia e del digitale.
Affinché, però, diventi una modalità di successo e con piena soddisfazione da parte di tutti i lavoratori, non bastano solo le soluzioni proposte dall’IT, ma sono necessarie strategie da parte dei manager che devono tenere conto degli obiettivi da raggiungere, c’è bisogno di modificare la cultura aziendale in modo che tutti siano consapevoli di cosa significhi lavorare in smart, c’è bisogno di formazione per l’uso di eventuali strumenti e di politiche ben precise da parte degli HR. 

Viene da sé che cambiamenti simili influenzano i prodotti o servizi che l’azienda propone ai propri clienti, il marketing, la distribuzione, i processi aziendali, la supply chain e tanto altro ancora. Inoltre, come dicevamo, la trasformazione digitale richiede determinate competenze, non solo tecniche, ma anche soft, e un cambio di passo nella cultura aziendale.

Chi guida la digital transformation

A proposito di cambio di passo, una figura importante nella Digital Transformation è rappresentata dal o dalla CIO, sigla che sta per Chief Information Officer.

Chi occupa questo ruolo, molto strategico, è fondamentale per avviare la Digital Transformation e creare quell’humus affinché il processo sia, come dicevamo sopra, a tutto tondo. Tra i suoi compiti, c’è, infatti, quello di far comprendere sia al corporate che in generale a tutta l’azienda perché è importante la trasformazione digitale e di essere un vero e proprio ambassador di questo cambiamento.
Si tratta quindi di una figura che non ha solo competenze tecniche ma che ragiona in modo strategico e collabora in maniera attiva sia con il dipartimento marketing che comunicazione, questo per far sì che con i due dipartimenti, ma anche con quello HR, si possano attuare delle strategie che affrontino la Digital Transformation in modo cross-funzionale.

Un CIO ha quindi anche skill come la capacità di attivare e gestire team, doti comunicative e di leadership, ecco perché è una vera e propria “guida” nell’ambito della Digital Transformation.

Come attuare la Digital Transformation

Per far sì, infatti, che il cambiamento sia a tutto tondo è infatti importante che ci siano alcuni passaggi. Vediamo quali sono.

• Sapere dove si vuole arrivare e perché

Simon Sinek nel suo libro “Start with why” lo dice chiaramente: prima di definire il cosa e il come, è importante capire il perché si fanno le cose.
Se è vero che senza la Digital Transformation non si può essere competitivi, è importante darsi delle motivazioni così come degli obiettivi: capire dove si vuole arrivare e perché. Oltre a comprendere quanto questi siano in linea con gli obiettivi di business. Avere una strategia è fondamentale, anche e soprattutto per una trasformazione simile.

• Mappare le competenze

L’ideale sarebbe partire prima da un’analisi di quello che si ha già, fare una mappatura delle competenze per capire quali skill, tecniche e soft, hanno le persone che fanno già parte dell’azienda. Questo è utile per due motivi: ci potrebbero essere persone che hanno una forte attitudine al digitale, ma nel ruolo in cui sono non hanno modo di attingere a essa – quindi il recruitment interno potrebbe essere favorito – che per capire di quali nuove competenze l’azienda ha bisogno.

• Puntare sull’upskilling e il reskilling

Sempre connesso a quanto dicevamo prima, è fondamentale progettare e stimolare una formazione che sia continua e coinvolga attivamente tutte le persone. E questo è possibile grazie a percorsi formativi in ottica di upskilling e reskilling.
Nel primo caso, si tratta di dare la possibilità a un lavoratore/trice di espandere le proprie conoscenze o acquisirne di nuove sempre legate al campo in cui lavora. Nel secondo caso, la formazione ha come obiettivo quello di riqualificare una persona che in quel ruolo resterebbe indietro e sarebbe poco efficace, dandole modo di acquisire nuove competenze legate al processo di trasformazione in atto. 

• Avere una roadmap precisa

Avere una tabella di marcia è fondamentale perché permette di capire come sta procedendo il tutto e capire in quali fasi ci si sta arenando rispetto al raggiungimento degli obiettivi. 

Per fare ciò bisogna affidarsi a professionisti specializzati, interni o esterni, che possano supportare il processo di cambiamento aiutando l’azienda a capire come muoversi, fin dai primi passi. Questo permetterà, una volta che si è avviato tutto il processo, di misurare le performance digitali in base ai KPI e capire anche qual è il ROI (ritorno dell’investimento).

• Prevedere le giuste risorse finanziarie

Alla luce di quanto abbiamo detto, allocare il giusto budget è il vero successo perché avvenga una Digital Transformation senza conseguenze disastrose. Pertanto bisogna investire in modo strategico sulle tecnologie necessarie, sulle persone e verificare costantemente come sta andando il tutto.

• Non dimenticare l’”etica”

Cosa intendiamo con questo “monito”? Che mettere in atto la Digital Transformation vuol dire cercare anche di avere delle finalità etiche, vale a dire che prendano in considerazione i bisogni veri delle persone e diano la giusta attenzione alle tematiche ambientali.

Per fare un esempio, introdurre la PEC è di certo importante e garantisce il giusto livello di sicurezza riguardo alla condivisione di informazioni importanti. Questo è vero, ma accanto all’uso dello strumento bisogna sempre pensare a cosa questo può “scatenare”. Sarebbe quindi importante sensibilizzare tutti sul fatto di limitare le comunicazioni a quando sono davvero efficaci – non solo via PEC ma anche via posta elettronica “tradizionali” – e far capire che anche le e-mail inquinano.

Allo stesso modo, è importante usare il cloud in azienda, dare a tutti la possibilità di accedere a strumenti online per fare le call per esempio, ma è altrettanto importante far riflettere sul fatto che è meglio limitare il tempo di una chiamata, per non consumare CO2 non necessaria – sappiamo che Internet inquina – così come evitare la condivisione dello schermo quando non è così fondamentale. Sono piccole accortezze, sì, ma basilari. E che creano quella cultura della Digital Transformation di cui parlavamo prima.

La digital Transformation in Italia

Ma a che punto siamo in Italia con la trasformazione digitale? Nel DESI 2022 (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società), l’Italia si posiziona al 18º posto tra i 27 Stati membri dell’Unione Europea, nonostante sia la terza economia più grande dell’UE. L’evoluzione della trasformazione digitale in Italia nei prossimi anni rivestirà un’importanza fondamentale per l’Unione Europea nel raggiungimento dei suoi obiettivi per il decennio digitale entro il 2030.

Inoltre, stando agli ultimi risultati dell’Osservatorio Digital Transformation della School of Management del Politecnico di Milano, le aziende italiane nel 2022 hanno aumentato il loro budget ICT del 4%

Il digitale è lo strumento per supportare i processi di transizione sostenibile: ben il 60% delle grandi imprese (e il 29% tra le PMI) ha definito approcci strutturati o ruoli per rispondere a obiettivi di sostenibilità. Tra le grandi imprese già impegnate nella sostenibilità, il 65% ha deciso di investire nel digitale per raggiungere obiettivi in questo ambito (il 29% tra le PMI), in particolare con sistemi di Big Data e Analytics, soluzioni di Industria 4.0 e tecnologie per lo smart working. Solo il 3% delle grandi imprese e il 23% tra le PMI non persegue ancora in modo specifico obiettivi di sostenibilità.

Nel 2022, inoltre, è cresciuta in modo costante l’adozione di approcci collaborativi: 8 grandi imprese su 10 hanno realizzato azioni di Open Innovation. E in questo campo le start-up si affermano sempre più fonte di innovazione aperta: oltre 7 grandi imprese su 10 collaborano con startup o hanno in programma di farlo.

Quanto ai ruoli, come emerge sempre dall’Osservatorio, il 41% delle aziende ha definito la presenza di una “Direzione innovazione” o di un ruolo dedicato alla gestione dell’innovazione, in rapporto con il vertice aziendale. Questo è avvenuto più raramente nelle PMI dove sono stati previsti ruoli simili solo nell’8% dei casi: si predilige infatti una gestione occasionale (60%) o ricorrere a consulenti esterni (13%).


Leggi anche…