Con quale frequenza acquisti un nuovo telefono cellulare? E un computer? O una TV? Negli ultimi decenni ci siamo abituati a un ciclo di vita dei prodotti piuttosto breve, poiché i prodotti si usurano o diventano obsoleti.

In molti casi, quando un elettrodomestico si guasta, il produttore (ma anche noi stessi) ci dice che non è conveniente ripararlo e ci suggerisce di acquistarne uno nuovo. Tuttavia, questi prodotti smettono di funzionare perché sono progettati per smettere di farlo e, in molti casi, il produttore ha accuratamente pianificato la fine della loro vita utile per costringerci ad acquistare nuovi prodotti.

Il risultato è che la quantità di rifiuti elettronici sta crescendo costantemente e minaccia l’ambiente.

Cos’è l’obsolescenza programmata

L’obsolescenza programmata descrive la pratica di progettare prodotti che abbiamo un ciclo di vita limitato. Prodotti fatti non per durare nel tempo, ma per rompersi rapidamente, diventare obsoleti, subire cali di prestazioni importanti nel breve e medio termine. L’idea alla base di questa pratica è quella di incoraggiare le vendite di nuovi prodotti, pezzi di ricambio rigorosamente originali o aggiornamenti a pagamento. 

Secondo alcuni il primo esempio di obsolescenza programmata è del 1924, quando un dirigente di General Motors, Alfred P. Sloan Jr., suggerì di lanciare nuovi modelli ogni anno per mantenere le vendite in movimento. Secondo altri invece ha origine nello stesso anno ma per mano del “Cartello Phoebus”, lobby di produttori di lampadine, che decisero di standardizzare la produzione delle lampadine per limitarne la vita a circa 1000 ore di utilizzo.

Il primo uso del termine vero e proprio sembrerebbe invece risalire ad un documento del 1932 di Berbard London, dal titolo “Ending the Depression Through Planned Obsolescence”

Quali prodotti sono interessati dall’obsolescenza programmata

La strategia dell’obsolescenza programmata è stata applicata a una vasta gamma di prodotti di consumo per decenni. La moda rappresenta storicamente un grave problema poiché l’industria tessile è uno dei peggiori inquinatori, anche se su questo fronte sembra invece esserci un cambio di tendenza, con sempre più attenzione alla qualità dei materiali, alla compravendita di abiti usati, all’uso di fibre e tessuti riciclati.

Questa pratica sembra invece essere fortemente cresciuta con l’entrata sempre più massiccia del digitale nelle nostre vite: prodotti di elettronica come computer, televisori, telefoni cellulari, ma anche videogiochi, console, software hanno dei cicli di vita brevi, spesso anche annuale, sia perché il prodotto in sé subisce dei cali prestazionali, legati in particolar modo alla durata della batteria, sia perché il progresso tecnologico sforna prodotti sempre più avanzati e performanti e software, tool, videogiochi sempre più impegnativi a livello di risorse, rendendo i prodotti precedente rapidamente sorpassati.

Uno degli esempi più significativi riguarda gli smartphone: tutti i dispositivi moderni, a differenza di alcuni anni fa, non hanno più la batteria sostituibile, bensì integrata nel device.


Bitkom, l’associazione tedesca dell’industria del digitale, ha svolto un sondaggio in cui il 75% degli intervistati dichiara che il principale motivo per cui sostituisce il proprio smartphone è il deterioramento della batteria.

La rilevanza del fenomeno è tale che lo scorso dicembre l’UE ha proposto un nuovo regolamento che imponga che le batterie di smartphone e computer portatili siano sostituibili.

Tipi di obsolescenza programmata

L’obsolescenza programmata può essere realizzata in diversi modi. 

Ecco i principali:

  • Sistemica: avviene quando si tolgono gli investimenti sugli aggiornamenti del prodotto oppure si aggiorna il sistema in cui esso lavora, rendendone quindi difficile o impossibile l’utilizzo. Un esempio può essere dato dal cambiamento dei connettori, che hanno visto porte seriali e ingressi mouse e tastiera sostituiti dalle porte USB. Altro esempio è lo stop agli aggiornamenti di una versione di sistema operativo, che obbligano al passaggio ad un sistema operativo nuovo, oppure lo stop agli aggiornamenti di un modello di smartphone, che obbligano alla sostituzione per continuare ad usare applicazioni;
  • Percepita: Questo avviene, ad esempio, quando i designer di smartphone o di moda cambiano lo stile dei prodotti per rendere meno desiderabili quelli più vecchi.
  • Temporale: Alcuni prodotti semplicemente smettono di funzionare o vengono disattivati dopo una determinata data, costringendo i consumatori a sostituirli anche se sono ancora utilizzabili.
  • Normativa: Questa si verifica quando le normative obbligano a passare a nuovi standard oppure vietano certi tipi di prodotti/tecnologie. Un esempio è l’obbligo di standardizzazione introdotto dall’Unione Europea per i caricatori degli smartphone, che impone per tutti l’uso dell’usb-c.

Impatto ambientale dell’obsolescenza programmata

La conseguenza più immediata della sostituzione costante di prodotti che funzionano perfettamente ma sono fuori moda, o che si rompono prima del previsto, è un aumento dei rifiuti elettronici. L’accumulo di questi rifiuti, che ancora non vengono riciclati come dovrebbero, danneggia l’ambiente e contribuisce al cambiamento climatico.

Inoltre, i cicli di produzione si stanno accorciando sempre di più e richiedono sempre maggiori quantità di materie prime, alcune delle quali sono rare e strategiche. Uno di questi materiali è il coltan, che consente di ridurre le dimensioni delle batterie. Il processo di trasporto di questi prodotti comporta anche un elevato consumo di energia e un aumento dell’inquinamento atmosferico. Inoltre su questo materiale sono attive molte discussioni di carattere etico, poiché la sua estrazione è spesso in mano ai signori della guerra in Paesi del centro Africa, con problemi di sfruttamento dei lavoratori e di utilizzo dei proventi per finanziare l’acquisto di armi e il prosieguo delle guerre civili.

Ma cosa ci dicono i dati?

  • Secondo l’ONU, nel 2021 mediamente ogni persona ha prodotto 7,6 kg di e-waste;
  • Nell’anno, quindi, in totale sono stati generati 57,4 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici;
  • Di questi, solo il 17% circa sono stati correttamente raccolti, trattati e riciclati;
  • L’UNEP ha stimato che, nel 2015, tra il 60% e il 90% dei rifiuti elettronici sono stati smaltiti o trafficati illegalmente;
  • Uno studio pubblicato su ScienceDirect stima che allungando il ciclo di vita dei prodotti del 50-100% si può dimezzare l’impronta di carbonio dei device elettronici.

Ridurre l’obsolescenza programmata 

Come individui, possiamo ridurre l’impatto dell’obsolescenza programmata sull’ambiente evitando acquisti non necessari o l’acquisto di articoli solo per moda, optando invece per prodotti riciclati o riciclabili nel caso degli elettronici di consumo.

Le aziende che possiedono siti web possono renderli più efficienti a livello energetico con un percorso di sostenibilità digitale: un sito sostenibile, infatti, è anche più rapido, leggero e performante. Questo consente da un lato di ridurre il consumo energetico dei dispositivi, dall’altro di poter utilizzare device meno aggiornati e potenti per funzionare.