[Giulia Crivelli] C’è un altro aspetto di cui invece si parla molto poco e per questo abbiamo chiesto, e lo ringrazio per la partecipazione, ad Ale Agostini, founder e amministratore delegato di Karma Metrix, che è un’azienda nata proprio per aiutare le imprese a essere più sostenibili misurando e riducendo in particolare l’impatto ambientale dei loro siti internet.

L’ho chiamato perché, non so se è d’accordo dottor Agostini, ma si parla poco di questo, perché forse persone attività immateriali e quindi non ci rendiamo conto che anche mandare una mail o semplicemente frequentare un sito web o consultare dieci volte al giorno il proprio saldo usando l’internet banking in realtà sono attività che hanno un impatto ambientale

[Ale Agostini] Buongiorno Giulia, buongiorno agli amici di Radio 24. Sì, c’è sicuramente da una parte un uso della tecnologia sempre più pervasivo da parte degli utenti e delle persone, e dall’altra parte c’è una necessità di rendere consapevoli le persone che non ci sono pasti gratis, anche la tecnologia consuma delle risorse, consuma dell’energia e quindi impatta sul cambiamento climatico, sulla crisi climatica che vediamo tutti i giorni ormai sulle cronache che è alle porte di casa nostra. Quindi c’è sicuramente una necessità di rendere più consapevoli le persone.

[Giulia Crivelli] Un dato su tutti, perché colpevolizziamo tutti l’industria aerea, diciamo che meglio viaggiare in treno piuttosto che in aereo: ecco sappiate che, secondo i dati del Shift Project, internet è responsabile del 3,7% delle emissioni globali, quasi il doppio delle emissioni del traffico aereo. Questo dovremmo sempre tenerlo in conto, non lo vediamo internet il World Wide Web, lo possiamo immaginare ma non lo possiamo vedere però questo è il suo impatto ambientale.

[Ale Agostini] Esatto tra l’altro dentro quella cifra, se ne parlava prima, c’è anche chatGpt che ha reso noto che ogni giorno emette circa 3,8 tonnellate di co2 per far girare le sue attività. Non sappiamo esattamente quante richieste vengono fatte ogni giorno però ecco, sicuramente dall’intelligenza artificiale, che è molto energivora e si sta cercando ancora di misurare bene come, fino all’email che può consumare, in base al tipo di email, da 1 a 30 grammi per ogni singola email – Abbiamo fatto anche un decalogo chiamato Decalogo Karma Metrix dove li elenchiamo tutti – passando allo streaming, che è un’altra di quelle attività molto energivore, fino all’utilizzo di Google per fare una ricerca o semplicemente per vedere la pagina web che si è trovata nelle ricerche di Google. Per chi ci ascolta, dobbiamo renderci conto che, come tutte le attività che facciamo, c’è un impatto anche sul tema.

[Giulia Crivelli] Certo. Anche perché, spieghiamolo, è chiaro che queste emissioni, questi dati, perché internet usa combustibili fossili. Da qui la misurazione della footprint in termini di emissioni, perché ha bisogno di energia che viene utilizzata per alimentare i server, le infrastrutture, i sistemi di raffreddamento e tutti i nostri dispositivi, quindi è per quello che ha un impatto ambientale. Però quindi misurare, poi da qui il nome della vostra società Karma Matrix, è la prima cosa, poi però che cosa si può fare? Hai accennato al decalogo per gli utenti, ma per esempio le aziende come possono procedere una volta presa coscienza del loro impatto ambientale delle rispettive attività digitali?

[Ale Agostini] Riteniamo che le aziende in questo ambito devono essere un po’ precursori e devono guidare il pubblico. Un’azienda innanzitutto deve da una parte misurare ad esempio qual è la Carbon Footprint del proprio sito, dei propri asset tecnologici e riportarlo nel bilancio di sostenibilità. Diverse aziende iniziano a farlo, a riportare non solo le emissioni quelle più “classiche”, ma iniziano a riportare anche le emissioni del sito e della loro infrastruttura IT. Una volta che si è riportato e sia ha la misurazione ci sono dei metodi per efficientare questi asset tecnologici. Quindi lo stesso sito web può consumare di più o di meno ad esempio in base alla scelta di colori. Pensiamo al nero: avete visto che negli ultimi tempi diverse piattaforme, ad esempio Google, hanno introdotto il dark mode. Il dark mode ha un’efficienza molto più alta rispetto alla pagina bianca quindi anche l’azienda che decide come fare la parte di design del sito può effettivamente ridurre l’impatto della CO2 derivante dalle visite al suo sito. Quindi noi speriamo che le aziende si rendano conto di questo impatto positivo che possono avere sull’ambiente, senza dimenticare una cosa molto importante: minore consumo unitario per pagina uguale minori costi nel data center o nel cloud. Quindi è una situazione di vantaggio sia per l’ambiente sia per l’economia. Ci auguriamo che tutti lo facciano.

[Giulia Crivelli] Quindi insomma prendere coscienza anche noi quando mandiamo una email se possiamo effettivamente evitare o, come una volta si diceva, se puoi evitare non stampare; ecco adesso possiamo anche dire, se puoi evitare di mandare questa email evitiamo.

E c’è altro, l’hai appena nominato: il cloud computing. Anche qui forse ci si illude che siccome appunto i computer non sono più magari nella sede di un’azienda ma sono altrove, da qui il nome evocativo “nuvola il sistema è più efficiente dal punto vista dell’impatto ambientale. Non necessariamente mi sembra di capire.

[Ale Agostini] I sistemi di cloud, che sono spesso forniti da 4-5 aziende leader, sono sicuramente in termini unitari molto efficienti perché sono efficientati al massimo in tutte le leve del data center. Dobbiamo ricordarci che l’inquinamento del digitale deriva sia dal data center dove i dati stanno, quindi io vado a visitare un sito web e questo sito web è in un server nella nuvola, e lì c’è una parte del consumo, ma una parte del consumo, quella preponderante, è sui dispositivi finali. Quindi dal mio telefonino c’è un consumo di energia, dalla mia smart TV mentre vedo un film c’è un consumo di energia. Quell’energia se prodotta con fonti fossili è la parte preponderante di CO2. Quindi le aziende devono fare da una parte la loro parte di misurazione e riduzione, gli utenti devono essere consapevoli che anche tutte le attività che fanno online hanno un impatto. Questo anche perché ormai vediamo che il tempo medio passato sugli smartphone da parte delle persone è superiore alle due tre ore a giorno, quindi non stiamo più parlando di peanuts, stiamo parlando di tante ore e di tanta energia.

[Giulia Crivelli] Tra l’altro poi c’è tutto il tema, questo non è esattamente quello di cui vi occupate voi, ma a proposito di consapevolezza, teniamolo ben presente, che tutti questi dispositivi che cambiamo così spesso devono poi essere smaltiti in un certo modo e ha un costo, mandarle in una discarica gigantesca in Africa ne ha un altro, quindi io sono proprio una grande sostenitrice appunto, prima di tutto rendiamoci bene conto di quello che stiamo facendo, poi possiamo decidere di farlo lo stesso però almeno non possiamo dire “non lo sapevo”. Ecco, l’ultima cosa che volevo chiederti è invece il consumo anche qua soprattutto delle criptovalute, mettiamo la più famosa bitcoin, anche lì c’è questo mining che anche in quel caso è molto energivoro. Anche qui ci pensiamo che la valuta digitale sia qualcosa di etereo, bene consuma un sacco di energia.

[Ale Agostini] Esatto, quindi la maggioranza delle criptovalute, a parte poche eccezioni, sono molto energivore, hanno infatti bisogno di data center dove vengono, come si usa il termine, “minate”, data center dove il costo dell’energia è molto basso, però questo non significa che non ci sia un impatto sull’ambiente, anzi l’impatto è molto forte. Sarebbe interessante capire se tutti passassimo alle criptovalute da un giorno all’altro quale sarebbe l’emissione di CO2. Sarebbe veramente altissima. Già adesso è molto alta e quindi pensiamoci bene.

[Giulia Crivelli] Grazie mille Ale Agostini, founder e amministratore delegato di Karma Metrix, l’indirizzo del sito è karmametrix.com, dove ci sono tutte le informazioni.

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